Michelangelo – David – 1504 Galleria dell’Accademia – Florence

15 Settembre 2017 ArtinMUSE, Blog

Il David è una scultura realizzata in marmo (altezza 520 cm incluso il basamento di 108 cm) da Michelangelo Buonarroti, databile tra il 1501 e l’inizio del 1504 e conservata nella Galleria dell’Accademia a Firenze.

Largamente considerato un capolavoro della scultura mondiale, è uno degli emblemi del Rinascimento nonché simbolo di Firenze e dell’Italia all’estero. L’opera, che ritrae l’eroe biblico nel momento in cui si appresta ad affrontare Golia, originariamente fu collocata in Piazza della Signoria come simbolo della Repubblica fiorentina vigile e vittoriosa contro i nemici.

Da sempre considerato l’ideale di bellezza maschile nell’arte così come la Venere del Botticelli è considerata il canone di bellezza femminile, molti ritengono che il David sia l’oggetto artistico più bello mai creato dall’uomo.

Il 16 agosto del 1501 i consoli dell’Arte della Lana e l’Opera del Duomo di Firenze commissionarono a Michelangelo una statua di re David, da collocare in uno dei contrafforti esterni posti nella zona absidale della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Si trattava di un’impresa che non aveva precedenti nell’arte rinascimentale e che era già stata tentata due volte. L’enorme blocco di marmo bianco destinato all’opera era infatti già stato abbozzato prima da Agostino di Duccio nel 1463-1464 e poi da Antonio Rossellino nel 1476, ma poi era stato abbandonato da entrambi per le caratteristiche non ottimali del pezzo, anche perché era stato sgrossato rozzamente e questo limitava le possibilità di intervento.

Il problema del marmo
Il problema principale dell’abbozzo era la fragilità del marmo, dovuta alla sua scarsa qualità, alla presenza di numerose fenditure e fori, detti taroli, e alla tendenza intrinseca, di quella tipologia di marmo, alla cottura, cioè alla perdita di coesione dei cristalli. Si riteneva che la forma del blocco fosse un altro ostacolo: troppo alta e stretta, insufficiente per un pieno sviluppo anatomico della figura. Il blocco era friabile specialmente nella zona sotto l’attuale braccio sinistro e si temeva che una volta scolpito non fosse in grado di reggere il peso della figura sulle sole gambe.

Nonostante le fonti tacciano al riguardo, è lecito pensare che il blocco dovesse presentare già alcune forme antropomorfe, per quanto parziali, tanto che i fiorentini erano soliti già chiamarlo “il Gigante”.

La scolpitura
Nonostante le difficili premesse, Michelangelo, poco più che venticinquenne, non si scoraggiò e, conscio del prestigio che gli avrebbe garantito un successo, accettò la sfida, affrontando il blocco che era definito “male abbozatum et sculptum”, all’interno dell’Opera (l’attuale cortile del Museo dell’Opera del Duomo).

L’inizio dei lavori risale al 9 settembre 1501, quando l’artista provò la durezza del blocco sbozzandolo con qualche colpo di scalpello. Si mise effettivamente all’opera il 13. Il 14 ottobre, probabilmente disturbato dagli occhi indiscreti di chi voleva vedere “il gigante” in lavorazione, fece costruire un recinto di tavole attorno al suo campo di lavoro.

Il soggetto sarebbe stato rappresentato nudo, come altre statue religiose dell’artista, e in un’iconografia innovativa, senza la testa di Golia ai piedi (presente come da tradizione nel David di Donatello e in quello di Verrocchio), quindi prima della micidiale sfida. Michelangelo provvide a stuccare e ricoprire le venature e i taroli della statua con malta di calce restituendo alla superficie la levigatezza tipica delle sue sculture giovanili.

L’esecuzione dovette essere circondata da un’aura di mistero e da una trepidante attesa nei fiorentini, consci dei successi romani dell’artefice e curiosi di sapere l’esito di una prova così difficoltosa. Lo stretto riserbo venne sciolto solo la vigilia della festa di San Giovanni, patrono cittadino, il 23 giugno 1503, quando venne aperto il recinto e invitata la popolazione ad ammirare il capolavoro ormai in via di completamento.

Il 25 gennaio 1504 la statua viene definita “quasi finita” e si procede a nominare una commissione per deciderne la collocazione.

A maggio del 1504 la statua fu trasportata nella sua sede definitiva, vi lavorò quindi tre anni, creando un’opera leggendaria che conteneva nella sua vicenda tutte le premesse per il mito: l’enorme difficoltà tecnica, l’innegabile bellezza del risultato e le numerose vicende che ne hanno segnato la storia.

La collocazione
 
Installazione nel novembre 2010 di una replica del David nella collocazione originaria prevista, su un contrafforte della cupola di Santa Maria del Fiore
Era chiaro che il risultato superava di gran lunga le aspettative e non era più adatto per i contrafforti del Duomo, ma esigeva una collocazione più ambiziosa, in piazza dei Priori, il cuore della vita politica cittadina: ciò venne proposto dal Gonfaloniere di Giustizia Pier Soderini, evidentemente rifacendosi a un proposito dello stesso Michelangelo, trasferendo il valore simbolico del David da un contesto religioso a uno civile. Evidentemente le autorità repubblicane avevano immediatamente colto la forte simbologia politica del David: egli incarnava il giusto che, armato solo di una fionda e della fede in Dio, riesce a prevalere sul forte ma iniquo, immagine facilmente accostabile a quella di un buon governo, garante delle libertà e del bene comune, protetto dal favore divino. Non si poteva chiedere una migliore “insegna” per la Repubblica appena restaurata e per i suoi valori, dopo un periodo di forti turbolenze.

Nella commissione che doveva scegliere il luogo di esposizione dell’opera figuravano, tra gli altri, gli artisti famosi attivi in città: Sandro Botticelli, Filippino Lippi, Leonardo da Vinci, Pietro Perugino, Lorenzo di Credi, Antonio e Giuliano da Sangallo, Simone del Pollaiolo, Andrea della Robbia, Cosimo Rosselli, Davide Ghirlandaio, Francesco Granacci, Piero di Cosimo, Andrea Sansovino. Le ipotesi plausibili erano diverse: Botticelli, isolatamente, preferiva una collocazione nei pressi del Duomo; l’araldo del Comune, sostenuto in primis da Filippino Lippi, prevedeva una collocazione a lato della porta principale di Palazzo Vecchio, affacciata sulla piazza; altri suggerirono anche al centro del suo cortile; un’altra strada indicava una collocazione sotto la Loggia della Signoria.

Le ragioni della seconda opzione, proposta da Giuliano da Sangallo, erano essenzialmente conservative, il marmo della statua era debole e “chotto”, infatti come dal Sangallo ipotizzato, si sarebbe poi rovinato. A questa idea aderì Leonardo da Vinci, che prese parola per suggerire una collocazione dell’opera a ridosso della parete breve della loggia, incorniciata da una nicchia, “in modo che non guasti le cerimonie delli ufficiali”. Si trattava di un’ipotesi che relegava la statua in posizione defilata, equivocandone l’essenza fisica e ribaltandone i valori formali. Vi si è voluto leggere uno spunto polemico tra i due geni, tra i quali dovevano correre pessimi rapporti. Leonardo infatti scrisse che non apprezzava gli “eccessi” anatomici che fanno parte dello stile michelangiolesco e dei suoi seguaci, pur senza mai citare direttamente il rivale: in uno schizzo che fece del David si vede chiaramente come l’enfasi muscolare, calata nel suo stile morbido e soffuso, appare quanto mai retorica e fuori luogo.

La posizione leonardesca rimase minoritaria e alla fine prevalse la posizione di Filippino Lippi, si optò per una collocazione di massimo risalto all’aperto, dominante e autorevole davanti a Palazzo Vecchio, al posto della Giuditta di Donatello, la statua doveva infatti simboleggiare la forza della nuova repubblica.

La sistemazione
 
La Galleria dell’Accademia negli anni cinquanta-sessanta
L’enorme statua venne trasportata in quattro giorni fino al 18 maggio 1504, con una partecipazione di più di quaranta uomini, incaricati di trainare e sorvegliare lo scorrimento all’interno di una gabbia lignea, che teneva il marmo prudentemente staccato dal fondo, scorrendo su travi unte di grasso di sego, per evitare vibrazioni che potessero danneggiarlo.

Durante il tragitto, in una pausa notturna un gruppo di giovani fedeli alla fazione filo-medicea, estromessa dal potere, aggredì la statua prendendola a sassate, in quanto simbolo riconosciuto del governo repubblicano: il valore simbolico dell’opera era già estremamente evidente.

Michelangelo rifinì la statua sul posto dipingendo in oro il tronco d’albero dietro la gamba destra e aggiungendo delle ghirlande di ottone con foglie in rame dorato che cingevano la testa e la cinghia della fionda.

La Giuditta venne spostata sotto la loggia l’8 giugno. Pochi giorni dopo, l’11, venne affidata l’esecuzione di una base adeguata a Simone del Pollaiolo e Antonio da Sangallo, così che l’8 settembre di quell’anno il David poteva essere collocato al suo posto, “fornito e scoperto di tutto”, esposto tuttavia agli agenti atmosferici. Il David venne rivolto a sud-ovest, in segno di sfida alle popolazioni nemiche pronte ad attaccare Firenze. Accanto a lui doveva essere posta anche un’altra statua, raffigurante Ercole, a simboleggiare la forza sia fisica (Ercole) sia intellettuale (David) dei fiorentini e della Signoria, ma questa seconda statua non fu mai realizzata da Michelangelo e solo in seguito venne scolpita da Baccio Bandinelli.

 
il Davide di Donatello
Il successo del David di Michelangelo fu immediato. L’umanista Pomponio Gaurico nel suo dialogo De Sculptura del 1504 lo porta come esempio di arte eccelsa, lo stesso fece Benedetto Varchi anni dopo, mentre a testimonianza del mito che la statua incarnava nella cultura umanistica rinascimentale valgono le parole di Giorgio Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori nell’edizione del 1550 «[…] e veramente che questa opera ha tolto il grido a tutte le statue moderne et antiche, o greche o latine che elle si fossero […] perché in essa sono contorni di gambe bellissime et appiccature e sveltezza di fianchi divine; né mai più s’è veduto un posamento sì dolce né grazia che tal cosa pareggi, né piedi, né mani, né testa che a ogni suo membro di bontà d’artificio e di parità, né di disegno s’accordi tanto. E certo chi vede questa non dee curarsi di vedere altra opera di scultura fatta nei nostri tempi o ne gli altri da qualsivoglia artefice».

Sin dai tempi della sua prima apparizione la statua del David venne celebrata come l’opera capace di mutare il gusto estetico del suo tempo e di affermarsi quale espressione ideale del Rinascimento, grazie all’applicazione dello studio anatomico al fine di rendere con forme virili possenti e armoniche l’immagine del nudo eroico, la cui forma era la realizzazione fisica, di un complesso insieme di valori filosofici ed estetici. I Fiorentini si immedesimarono con l’aspetto atletico e fiero del giovane eroe, interpretandolo come espressione della forza e della potenza della città stessa nel momento del suo massimo splendore; per i sostenitori della Repubblica divenne il simbolo della vittoria della democrazia sulla tirannide esercitata in precedenza dalla famiglia Medici.

Danni e riparazioni
Nel 1512 una saetta colpì il basamento, che preoccupò per le “crettature”, cioè i segni di cedimento, all’altezza delle caviglie, ma in definitiva non ci furono danni.

Il 26 aprile del 1527, durante la terza cacciata dei Medici da Firenze, ci furono tumulti in città e un gruppo di repubblicani, asserragliati in Palazzo Vecchio, per difendersi dagli oppositori lanciarono dalle finestre pietre, tegole e mobili, che andarono a cadere anche sul David, causando gravi danni, quali la frantumazione del braccio sinistro in tre pezzi e la scheggiatura della fionda all’altezza della spalla. Giorgio Vasari e Francesco Salviati, devoti estimatori di Michelangelo, raccolsero i frammenti della statua e li nascosero in casa del Salviati. Con il ritorno del Granduca Cosimo I si provvide al restauro. I segni dell’episodio sono ancora visibili.

Nel 1813 il dito medio della mano destra fu ricostruito in seguito a un danneggiamento. Nel 1843 lo scultore Lorenzo Bartolini, direttore delle “Regie Fabbriche”, incaricò Aristodemo Costoli del restauro, che fu eseguito col metodo drastico che allora era comunemente adottato: pulitura a base di acido cloridrico e di ferri taglienti per togliere le croste superficiali. L’intervento nel corso degli anni si rivelò nefasto: si registrarono danni irreparabili alla superficie del marmo.

Il 29 agosto 1846 il fonditore Clemente Papi fece il calco in gesso che servì poi come base della futura gettatura in bronzo della copia, che attualmente si trova in piazzale Michelangelo, sulla terrazza che domina Firenze.

Il trasferimento
 
La copia attualmente in piazza della Signoria (1910)
Nel 1872, viste le condizioni precarie di conservazione, fu deciso il ricovero della statua nella Galleria dell’Accademia a Firenze. Per accogliere la grande statua venne incaricato l’architetto Emilio De Fabris di costruire una nuova Tribuna scenograficamente posta al termine della Galleria dei Quadri antichi, con un’illuminazione propria, garantita in alto da un lucernario. Nell’agosto del 1873 la statua venne imbracata in un complesso carro ligneo, il cui modellino è visibile nel museo della Casa Buonarroti, e scorse su rotaie per le vie del centro fino all’Accademia, ancora una volta tra imponenti misure di sicurezza, accompagnata dal clamore popolare.

Nel museo restò però chiusa nella sua cassa per nove anni, in attesa del termine dei lavori alla Tribuna. Nel 1875, con le celebrazioni del IV centenario della nascita di Michelangelo si decise di creare una mostra con le riproduzioni in gesso dei suoi capolavori scultorei, e per l’occasione il David venne spacchettato provvisoriamente, entro la tribuna allestita con tendaggi che coprissero la zona al di sopra della trabeazione ancora in fase di edificazione.

Il 22 luglio 1882 il Museo michelangiolesco venne finalmente inaugurato e la statua rivelata alla fruizione del pubblico.

In piazza della Signoria, nel 1910, venne collocata una copia della statua, realizzata dallo scultore Luigi Arrighetti, vincitore di un apposito concorso indetto per la sua realizzazione.

Vicende recenti e il restauro
Nel 1991 un folle, Piero Cannata, danneggiò la statua con un martello. Un fatto simile era accaduto vent’anni prima alla Pietà vaticana, che fu pazientemente restaurata. In confronto a quell’atto, però, i danni al David furono assai più limitati: la scheggiatura dell’alluce e delle prime due dita del piede sinistro, che venne subito completato adoperando i frammenti originali e servendosi dei numerosi calchi esistenti per reintegrare la lacuna in maniera identica all’originale.

Una nuova copia della statua fu offerta da Firenze a Gerusalemme nel 2004 per celebrare il terzo millennio dalla conquista della città da parte di David. La proposta scatenò la protesta di alcuni religiosi ortodossi che consideravano il nudo michelangiolesco non degno di un eroe biblico e anzi troppo vicino a un ideale estetico classicista e dunque pagano; alla fine un compromesso fu raggiunto, optando per una riproduzione della versione di Verrocchio, che è vestita.

A partire dal 2003 il monumento è stato sottoposto a un accuratissimo lavaggio e restauro a cura del laboratorio di restauro dell’Opificio delle pietre dure di Firenze. Questo lungo lavoro è stato realizzato per celebrare il cinquecentenario della realizzazione dell’opera nel 2004. Il contestato metodo di restauro imposto dal comitato scientifico portò alle dimissioni della restauratrice incaricata, che rifiutò di eseguire restauri con liquidi sull’opera di Michelangelo. Critiche all’intervento di restauro, definito non necessario, sono arrivate anche dagli USA. Al termine dei lavori sono stati esposti accanto al David opere e installazioni di artisti contemporanei internazionali (fra i quali Jannis Kounellis), con un accostamento originale che ha suscitato clamore e interesse in tutto il mondo.

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