La sorprendente plasticità del cervello delle api
Credit: Marie Guiraud, Axel Brockmann
Per associare un odore a una ricompensa, il cervello delle api può fare a meno dei corpi fungiformi, che in quasi tutti gli insetti sovraintendono al controllo intelligente del comportamento, attivando vie neurali alternative. Lo rivela un nuovo studio condotto su un modello computazionale dei circuiti cerebrali delle api, dimostrando che la plasticità è una caratteristica anche dei cervelli più semplici(red)
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Per gli insetti, i corpi fungiformi sono un po’ ciò che per i mammiferi è la corteccia cerebrale: consentono all’animale di mantenere un controllo intelligente sui comportamenti istintivi. Eppure sembra che le api comuni (Apis mellifera) non abbiano bisogno di queste strutture per apprendere l’associazione tra odori e ricompensa.
Lo rivela un nuovo studio pubblicato su “PLOS Computational Biology” da HaDi MaBouDi e colleghi della Queen Mary University di Londra, che hanno realizzato un modello computazionale realistico dei circuiti cerebrali usati dalle api per elaborare le informazioni olfattive.
Un’antenna di ape contiene circa 60.000 neuroni recettoriali olfattivi che trasformano input chimici presenti nell’ambiente in schemi spaziotemporali di attività neurale. Dai neuroni olfattivi partono gli assoni che arrivano al centro olfattivo primario, il lobo antennale, che contiene 165 strutture sferiche chiamate glomeruli. Questi ultimi sono poi connessi con centri di ordine più elevato come corpi fungiformi e il corno laterale.
Vista frontale di una testa di un’ape e schema delle circuitazioni cerebrali implicate nella percezione olfattiva: il nuovo modello mostra che i corpi fungiformi (MB, in alto) (Credit: Marie Guiraud, Axel Brockmann)
Con il loro modello, i ricercatori hanno potuto verificare che cosa succede rimuovendo i circuiti dei corpi fungiformi quando le api simulate sono impegnate in compiti comunemente usati dagli entomologi per studiare l’apprendimento nelle api reali.
Uno di questi compiti è l’associazione tra differenti odori e differenti ricompense, secondo un protocollo sperimentale chiamato condizionamento olfattivo del riflesso di estensione della proboscide. In questo test, le api imparano ad associare uno stimolo (odore) con un segnale di ricompensa (soluzione zuccherina) e di conseguenza a rispondere con l’estensione della ligula, o proboscide, che serve per aspirare il nettare.
Sorprendentemente, nel test le api mutanti si
sono comportate altrettanto bene delle api con corpi fungiformi intatti in molti – anche se non in tutti – i compiti di apprendimento associato all’odore. Sono riuscite anche ad associare una miscela di due odori a una ricompensa quando i singoli odori non erano collegati ad alcun odore. Per riuscirci, le api simulate si basavano su un semplice circuito neurale finora ritenuto associato a comportamenti istintivi.
“Ciò forse spiega perché il minuscolo cervello delle api si comporta così bene in diversi compiti e di apprendimento e anche nelle routine istintive”, ha spiegato Lars Chittka, coautore dello studio. “Emerge l’ipotesi che le più evolute forme di plasticità neurale possono essere ovunque, anche nel più semplice dei sistemi nervosi”.
I risultati ora sollevano interessanti questioni sul perché le api conservino circuiti neurali ridondanti.
“In un complesso ambiente olfattivo, in cui le api sociali devono rispondere appropriatamente non solo a decine di feromoni nell’arnia ma anche ai segnali olfattivi dei fiori”, ha commentato Chittka. “La nostra ipotesi è che due cammini paralleli ma interconnessi, con diversi livelli di complessità e con funzioni sovrapposte ma differenti priorità nella scala che va dagli odori innati a quelli appresi, potrebbero fornire la flessibilità richiesta”.