Sono la rivoluzione, non sono una bambola. Frida Kahlo dalla gloria postuma ai tradimenti pop
A settant’anni dalla morte: prima riscoperta e celebrata per la sua forza femminista. Poi commercializzata e snaturata
Roma, 20 luglio 20204 – Il film di Julie Taymor del 2002 con Salma Hayek ha stabilito una visione di Frida Kahlo che gioca intorno all’idea di una bellezza che sfida il mondo e le convenzioni raccontando l’artista come: “una delle donne più trasgressive della sua epoca”. Questa realizzazione concludeva un periodo di trasformazione glam dell’artista, che aveva avuto inizio negli anni ’80, con mostre importanti negli Stati Uniti e la biografia di Hayden Herrera, che era uscita nel 1983, al momento della grande esposizione alla Whitechapel Gallery di Londra.
Da allora è iniziata la trasformazione di un’icona rivoltosa in elemento decorativo: lo confermano i mille utilizzi commerciali, concessi dalla nipote che gestisce il marchio, per oggetti e gadget di ogni genere – Barbie compresa – come anche l’utilizzo dei quadri come sfondo delle rappresentazioni di dive e divi (celebre è il caso di Madonna).
Eppure la storia è assai più complessa: il lavoro dell’artista di Coyocan – morta il 13 luglio di 70 anni fa – si inserisce in un momento di grande rivoluzione per il Messico, che passa da paese arcaico, dominato da modelli spagnoli, a laboratorio della modernità. Tina Modotti, fotografa, andava quindi di pari passo alla aguzza e crudele Maria Ízquierdo, che quest’anno è esposta alla Biennale.
Una pittrice strepitosa, che da noi è ancora poco nota, che veniva prima di Frida giocando su rappresentazioni analoghe di interni domestici segnati da oggetti minacciosi, su immagini sacre stravolte dalla sofferenza (il magnifico Viernes de dolores) o su autoritratti estremamente forti e tormentati. Questa trasformazione ha anche messo in ombra Diego Rivera, rappresentato soltanto come il malvagio di una relazione matrimoniale infelice. Notevole è il romanzo di Elena Poniatowska, Querido Diedo, te abraza Quiela, uscito nel 1978, 2 in cui la grande scrittrice messicana disegna un ritratto più complesso della relazione tra i due, in forma epistolare.
Questa scrittura mette in evidenza la crudeltà del rapporto, i tradimenti, le sconfessioni, che concerne entrambi i protagonisti, ma dà anche largo spazio a un aspetto poi occultato: la bellezza del corpo rovinato, dalle malattie e dal tragico incidente di tram, il fisico esibito nella sua deformità diventa una critica al mondo, alle aspettative verso la donna nella società del suo tempo. Invece ha trionfato l’aspetto folkloristico irriducibile anche al reame della morte: come dimostra Coco, il cartoon del 2017, diretto da Lee Unkrich e Adrian Molina, in cui Frida è la regista degli spettacoli del reame della morte.
fonte quotidiano.net