Suffragette. La mia storia di Emmeline Pankhurst
È l’autobiografia redatta nel 1914 dell’attivista e politica britannica che guidò il movimento suffragista femminile del Regno Unito…
Alessandra Stoppini Pubblicato il 20-11-2015
“Suffragette. La mia storia” (Castelvecchi, 2015), titolo originale Suffragette. My Own Story, (traduzione di Gianluca Testani) di Emmeline Goulden Pankhurst (Manchester, 1858 – Londra, 1928), è l’autobiografia redatta nel 1914 dell’attivista e politica britannica che guidò il movimento suffragista femminile del Regno Unito, dalla quale è stato tratto nel 2015 il film omonimo diretto da Sarah Gavron con Meryl Streep, Carey Mulligan e Helena Bonham Carter, uscito lo scorso ottobre negli Stati Uniti e in Italia nel febbraio 2016.
“Fortunati sono quegli uomini e quelle donne che nascono in un’epoca in cui è in corso una grande battaglia per la libertà umana. Ed è una fortuna in più avere dei genitori che prendono parte ai grandi movimenti del loro tempo in prima persona. Io sono felice e riconoscente che questo sia stato il mio caso.”
Uno dei primi ricordi di Emmeline era una grande vendita di beneficenza che si teneva a Manchester, sua città natale, il cui obiettivo era raccogliere denaro per alleviare la povertà degli schiavi negri da poco emancipati negli Stati Uniti. La madre di Emmeline, Sophia Crane, ebbe un ruolo molto attivo in questa missione e
“a me bambinetta venne affidata una busta sorpresa con la quale avrei aiutato a raccogliere le offerte.”
A soli cinque anni di età la bambina conosceva già il significato delle parole schiavitù ed emancipazione, perché fin dall’infanzia la futura militante era stata abituata ad ascoltare discussioni pro o contro la schiavitù e la Guerra Civile americana. Emmeline proveniva da una famiglia dell’alta borghesia e suo padre Robert Goulden era un ardente abolizionista, mentre il libro preferito di Sophia Crane era“La capanna dello zio Tom” di Harriet Beecher Stowe.
Anche se l’infanzia di Emmeline era stata protetta dall’amore e da una casa confortevole, la ragazzina fin da piccola aveva iniziato a sentire che c’era qualcosa che non andava,
“persino nella mia stessa casa, una specie di falsa idea delle relazioni familiari, un ideale incompleto.”
Per esempio, l’educazione dei fratelli di Emmeline era considerata più importante per i genitori dell’educazione delle figlie femmine.
“Che peccato che non sia un ragazzo”
disse il padre una sera chino sul letto di Emmeline mentre le stava dando la buonanotte. Era molto chiaro che gli uomini consideravano se stessi superiori alle donne, e che le donne in apparenza si adeguavano a questa convinzione, anche sei i genitori di Emmeline erano sostenitori del pari diritto di voto.
“Avevo quattordici anni quando andai alla mia prima assemblea per il diritto di voto”
perché con il suo temperamento e con l’ambiente che la circondava difficilmente Emmeline avrebbe potuto essere altro, era sempre stata, inconsapevolmente, una suffragetta. Il movimento era molto vivo nella Manchester dei primi anni Settanta, organizzato da un gruppo di donne e uomini straordinari, tra i quali l’avvocato Richard Marsden Pankhurst, uno dei fondatori principali del comitato e futuro marito di Emmeline. A quindici anni la suffragetta era andata a Parigi, dove era stata ammessa come alunna in una delle pionieristiche istituzioni europee per l’educazione superiore delle ragazze diretta dalla signorina Marchef-Girard, donna di raffinata educazione, in seguito nominata ispettore scolastico governativo in Francia, che si trovava in un’antica ed elegante dimora in Avenue de Neuilly. Tornata in patria, a diciannove anni Emmeline iniziò a lavorare per il movimento a favore del voto alle donne conoscendo il dottor Pankhurst che avrebbe sposato nel 1879. Nonostante ciò Emmeline non era mai stata così assorbita dalla casa e dai bambini da perdere l’interesse nelle questioni della comunità anche perché suo marito non desiderava che Mrs Pankhurst si trasformasse in una “macchina domestica”, fermamente convinto che la società quanto la famiglia avesse bisogno dei servigi delle donne.
L’autobiografia rappresenta il diario della battaglia delle donne contro l’ingiustizia politica e sociale. Fondatrice nel 1903 del Women’s Social and Political Union, che si prefiggeva come principale obiettivo l’estensione del suffragio alle donne, l’attivista britannica, più volte arrestata, solo nel 1918 vide trionfare quella causa perseguita con tenacia incoraggiando talvolta tattiche estreme, per la quale aveva combattuto per tutta la vita, quando venne sancito il suffragio femminile anche per la Camera dei Comuni.
“Non ci potrà mai essere una pace reale sulla terra finché alla donna, la metà della famiglia umana, non sarà data libertà nei consessi del mondo.”
fonte sololibri.it