Donne nella Storia: Louisa May Alcott, una ribelle come le sue “Piccole Donne” Nata 190 anni fa, la scrittrice, oltre alla saga di “Piccole donne”, firmò thriller con eroine dark. Protagoniste indipendenti, alter ego dell’autrice, pronta a infrangere le regole del tempo

9 Novembre 2024 Blog

di FEDERICA GINESU
 
 
 
 

Èil 1942. Due donne sedute vicine, gomito a gomito, studiano delle carte. Si trovano nella Library Houghton, biblioteca dell’Università di Harvard, che custodisce rari manoscritti e archivi letterari. Una delle due all’improvviso squarcia il silenzio della sala studio con un grido misto di eccitazione e gioia. La soluzione dell’enigma a cui entrambe stanno lavorando è finalmente davanti a loro, in un paio di righe rintracciate in alcune lettere risalenti a metà ‘800. «Mandatemi qualunque cosa, schizzi o novellette di cui non desiderate la paternità o di cui volete che A.M. Barnard o qualunque altro uomo sia responsabile e se mi piacciono li acquisterò» erano le parole che l’editore James R. Elliott rivolgeva a Louisa May Alcott, la madre di Piccole donne, il formidabile longseller sulla storia di formazione delle sorelle March che, da oltre 150 anni, continua ad appassionare lettrici e lettori di tutto il mondo.

 

La vita segreta di Louisa May Alcott
Le studiose Leona Rostenberg e Madeleine B. Stern avevano messo a segno una delle scoperte letterarie più clamorose del ‘900: svelare un lato inedito della vita di una delle autrici immortali della letteratura mondiale, nata 190 anni fa a Germantown, in Pennsylvania, Stati Uniti, il 29 novembre 1832.  Alcott, fagocitata a lungo da quel libro in cui si staglia gigante come un faro per tutte le ragazze ribelli la scrittrice appassionata Jo March, il suo alter ego più smagliante, ha anche dato vita a thriller e racconti neri, da lei definiti «storie di sangue e tuoni», abitati da un mondo di sensuali protagoniste indomite e indipendenti che sfidano con intrighi e vendette i pregiudizi patriarcali della società del loro tempo.

Come aveva fatto lei con la sua splendida irrequietezza. Fu proprio questa produzione tempestosa, lunga dieci anni, di cui non rivendicò la maternità, forse perché troppo audace, creata prima di Piccole donne, che le permise di pensare alla scrittura come professione.

La bambina-poetessa avida di sapere
Ci volle però una determinazione incrollabile per arrivare al successo. La strada fu infatti lunga e tortuosa. Scrisse la prima poesia a otto anni, ma per vedere pubblicato un componimento dovette aspettare a compierne diciotto; il suo primo racconto, invece, uscì l’anno dopo, quando ne aveva diciannove, e le fu pagato solo cinque dollari. All’inizio non poté dedicarsi unicamente alla scrittura, la sua famiglia era tormentata dalla povertà e dovette cercarsi un impiego per mantenersi e contribuire al bilancio domestico.

Il padre Bronson Alcott, insegnante e squattrinato, autodidatta filosofo trascendentalista, non si preoccupò mai di guadagnarsi da vivere. Fu la madre Abigail May, assistente sociale e attivista per i diritti delle donne e delle persone di colore, a farsi carico da sola del sostentamento del marito, di Louisa e delle altre tre figlie. Alcott iniziò a lavorare a 16 anni. Come lavandaia, ricamatrice, insegnante. Ma quello che più le riusciva meglio era scrivere, dare forma alla sua sfolgorante immaginazione. Sin da piccola era stata un’indomabile in lotta costante con il mondo, attratta dall’avventura, allergica alle imposizioni e avida di sapere. Nella cerchia delle amicizie paterne c’erano filosofi come Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson, da loro Alcott poté prendere lezioni ed ebbe anche la possibilità di ascoltare donne come la scrittrice femminista Margaret Fuller o Angelina Grimkè, la prima attivista che negli Stati Uniti parlò in pubblico a favore dell’abolizione della schiavitù, causa che fu cara a tutti gli Alcott, Louisa compresa.

Piccole donne, lungo la strada per il successo
Il suo primo grande sogno all’inizio fu fare l’attrice, mettendo su una compagnia che portava in scena drammi scritti e diretti da lei. Ma fu la scrittura ad avere la meglio. Anche se ci fu chi la scoraggiò. L’editore James T.Fields le disse che la scrittura non era la sua strada quando bocciò il manoscritto in cui Alcott raccontava dei maltrattamenti e dei tentativi di molestie sessuali subiti dall’avvocato James Richardson per cui aveva lavorato come governante. Ma lei non si arrese, creò le sue eroine dark e cercò di raggiungere quello che si era promessa da quando aveva incominciato a scrivere: diventare ricca e famosa. Il primo vero assaggio del successo arrivò nel 1863 con la raccolta di lettere, firmata con il suo vero nome, Hospital Sketches, una rielaborazione dell’esperienza che Alcott ebbe come infermiera durante la Guerra Civile americana in un ospedale di guerra.

Lì si ammalò di tifo e fu curata con alte dosi di un farmaco al mercurio che la intossicò e le procurò ripercussioni fisiche permanenti. Nonostante la sua salute precaria, non si risparmiò mai. Visse tra Boston e Concord, visitando anche l’Europa. La sua era una mente sempre in cerca di nuovi stimoli. «Possedeva uno dei doni più utili a uno scrittore: la capacità di scrivere ovunque, dalla soffitta di un cottage di legno alla cabina di una nave, da uno spicchio di scrittoio al tavolino di una pensione» sottolinea Beatrice Masini nella biografia Louisa May Alcott. Scrisse Piccole donne a 36 anni in una manciata di mesi, accettando senza entusiasmo, solo per soldi, la richiesta dell’editore Thomas Niles che le aveva proposto di lavorare a un libro per ragazze. La storia della sorellanza di Meg, Jo, Beth e Amy, ispirata a quella reale sperimentata da Alcott con le sue sorelle, divenne un caso letterario.

Dalla prima edizione di “Piccole donne”, un’illustrazione di May Alcott, sorella minore dell’autrice.
Louisa May Alcott, una single votata al lavoro
In pochi mesi ne furono vendute decine di migliaia di copie e la scrittrice divenne una celebrità. Negoziò i compensi per i suoi lavori, tra cui i libri della saga di Piccole donne, non avendo mai paura di parlare di denaro e riuscì ad assicurarsi il più grande reddito annuo tra gli autori del suo tempo, senza però essere mai completamente libera e felice come aveva sognato. Si autorecluse nella scrittura, lamentando di non avere tempo per sé. Non riuscì mai a fare pace con il suo talento e ad affrancarsi dal carico familiare che si era imposta, anteponendo a se stessa i bisogni del padre, della madre, delle sorelle, dei nipoti, come racconta la studiosa Martha Saxton in Louisa May Alcott – Una biografia di gruppo. Non amava la curiosità di ammiratori e cronisti, così bruciò parte del suo archivio personale per essere pienamente padrona della sua vita anche dopo la morte, avvenuta nel 1888 a soli 55 anni.

Louise Alcott è stata una straordinaria precorritrice. In un’epoca che offriva opzioni limitate alle donne, restringendole spesso all’unica scelta del matrimonio, non si sposò e costruì da sola la sua vita. Come fa la danzatrice dei teatri parigini Oda Jex, che non ha bisogno di un uomo ed è capace di badare a se stessa, protagonista della storia inedita L’amuleto d ‘Ambra. Un racconto dell ‘India coloniale, scovata di nuovo nella Library Houghton, questa volta da Daniela Daniele, americanista dell’Università di Udine, che ha tradotto e curato il manoscritto pubblicato quest’anno in anteprima mondiale dalla casa editrice Elliot. «Mi piace aiutare le donne ad aiutare se stesse perché è il miglior modo per risolvere la questione femminile» scrisse in una delle lettere raccolte in Louisa May Alcott-Le nostre teste audaci (L’Orma Editore). Finanziò il comitato pro suffragio femminile di Concord e fu la prima a iscriversi negli elenchi per l’elezione di un consiglio d’istituto scolastico in città, unica occasione in cui le donne avevano diritto di voto.

Scrisse circa 210 opere, tra storie, poesie, articoli, cimentandosi con temi scottanti per la sua epoca come l’infelicità matrimoniale o le unioni interrazziali. La sua più grande vittoria? Aver infranto le regole ed essere riuscita a riscriverle assicurando al suo calamaio un perenne posto al sole.

fonte iodonna.it

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