Salvare Cleopatra dagli stereotipi, ordinando le fonti in racconto scenico
PROTAGONISTI DELLA STORIA Aldo Schiavone, «Cleopatra. Una donna», da Einaudi
Valentina Porcheddu
«Vi sono molti modi di pensare la storia – qualunque storia – e ancor più di raccontarla», afferma Aldo Schiavone nell’incipit di Cleopatra Una donna (Einaudi «Storia», pp. 192, euro 23,00). Dopo le opere dedicate a Spartaco (2011) e a Ponzio Pilato (’16), egli si confronta con una delle sovrane più celebri del mondo antico, una figura che – al pari delle precedenti – definisce «in penombra» ma che nondimeno è diventata un’icona pop. Come spiega lo stesso autore, il libro è un tentativo di restituire un’epoca «riflessa nell’immagine di una singola vita», combinando due diverse attitudini: «trovare le giuste connessioni dietro la caleidoscopica granularità degli eventi» e usare la potenza della visione e della scrittura per trasmettere «verità immaginate» intorno a fatti e personaggi reali.
Il lavoro di Schiavone consiste dunque nell’indagare le fonti evidenziando ciò che è aperto all’interpretazione, al fine di ridare «luce» alla regina orientale, oscurata dalla coltre di deformazioni e stereotipi elaborati dalla cultura greco-romana per «esorcizzare» il ricordo di colei che aveva osato – da greca nata in Egitto – mirare a un potere sconfinato, sovvertendo l’ordine costituito. La forma adottata non è, come potrebbe apparire, quella della biografia romanzata né si tratta di un saggio scientifico (mancano infatti le note, sebbene in appendice si trovino le fonti antiche e moderne, nonché un elenco delle citazioni).
Il libro è diviso in sei capitoli, che rievocano già dal titolo i momenti cruciali del «percorso politico» di Cleopatra. L’esposizione è di una chiarezza rara, anche se a tratti il lettore incespicherà inevitabilmente in un groviglio di informazioni, come quelle relative alla genesi della dinastia tolemaica – da cui la protagonista del volume discende –, caratterizzata da membri che si tramandano i nomi di generazione in generazione e che, in un vortice endogamico non privo di violenze, costruiscono e disfano alleanze, determinando così i destini dell’Egitto.
Se è superfluo sottolineare che l’impostazione storica resta rigorosa, va rilevato che lo stile narrativo – accattivante senza eccedere in semplificazioni o, peggio, in quelle attualizzazioni in voga in certi ambiti dell’antichistica che trasformano le eroine del passato in donne del nostro tempo –, si adatta anche a un pubblico generalista, raggiungendo quindi l’obiettivo della divulgazione. A chi non frequenta le biblioteche specializzate sarà sufficiente effettuare una ricerca sul Web per rendersi conto della mole di volumi che, in varie lingue, vengono incessantemente pubblicati su Cleopatra.
Tanto che, mettendo da parte la produzione più commerciale, si potrebbe parlare di tante «Cleopatre», almeno quante ce ne hanno consegnate la letteratura, la pittura, il cinema e, non da ultimo, il teatro. Anzi, è precisamente dall’arte drammatica che Schiavone sembra essere ispirato. Numerosi sono, nel testo, i riferimenti a Shakespeare e Bernard Shaw, ma è soprattutto la struttura del racconto a somigliare a un allestimento scenico, al quale contribuiscono anche autori quali Plutarco (si pensi, ad esempio, alla descrizione – ripresa da Schiavone in apertura del capitolo IV – della risalita del fiume Cidno da parte della sovrana che, per prendersi gioco di Antonio, stava «sdraiata sotto un baldacchino trapunto d’oro, ornata come appare Afrodite negli affreschi»).
Il sipario si apre e si chiude con la battaglia di Azio del 31 a.C., di cui riusciamo quasi a percepire l’estetica dell’equipaggiamento e delle manovre navali ma anche a comprendere le implicazioni psicologiche e le sottigliezze tattiche. Ed è proprio la lucidità dell’approccio analitico a salvare la Cleopatra di Schiavone dall’involucro di seduzione, sesso e tradimenti (la meretrix regina di Properzio) in cui la tradizione l’ha incatenata. Persino nel riferire del presuntamente «colorito» incontro con Cesare, l’autore tiene a rimarcare che malgrado «da quella notte, Cesare e Cleopatra non si sarebbero mai più perduti, sino alla fine» è incredibile che nessuno tra gli storici antichi e moderni si sia interrogato su una scelta così evidente e sulle sue conseguenze, difficilmente riducibili a un ambito solo privato.
fonte ilmanifesto.it