Cloud seeding, l’inseminazione delle nuvole: cos’è e come funziona

10 Novembre 2024 Blog

di Andrea Ballocchi
 28 Giugno 2024

Si tratta di una tecnica utilizzata in vari Paesi del mondo per contrastare la siccità, ma anche per diminuire l’inquinamento. Ecco cos’è e come viene adottata
Nella lotta globale alla siccità, da tempo si è fatto spazio al cloud seeding, tecnica di “inseminazione delle nuvole” che nei vari decenni in cui si sperimenta e si adotta, trovando diversi sostenitori. I favorevoli ne sottolineano l’efficacia, indicando un aumento del 10-15% delle precipitazioni. Addirittura, secondo la World Meteorological Organization, questa tecnica può aumentare le precipitazioni di una nuvola specifica fino al 25% in condizioni ottimali. Lo ha affermato alla COP 28, in occasione di un convegno dedicato alla mitigazione del climate change attraverso la modificazione meteorologica e al cloud seeding “come caso di studio globale”. Dalla siccità all’inquinamento fino ai cambiamenti climatici, la tecnica del cloud seeding viene applicata in diverse parti del mondo, anche per generare neve.

Gli argomenti trattati:

Cos’è il cloud seeding e come funzionaUna tecnica nata per contrastare la siccità e non solo
Costi e benefici del cloud seeding
L’inseminazione delle nuvole nel mondo, in Europa e in Italia
Cos’è il cloud seeding e come funziona
Abbiamo citato il termine cloud seeding, ma cosa significa? Si tratta di una tecnica che prevede l’inseminazione delle nuvole per indurre la precipitazione, iniettando particelle di sale o ioduro d’argento nelle nuvole, tramite aerei, razzi o dispositivi di diffusione a terra. Implica, quindi la manipolazione delle nuvole esistenti per contribuire a produrre più pioggia o neve.

Che si tratti di disperdere particelle di sale, come cloruro di sodio e cloruro di calcio, in nubi liquide o di innescare la produzione di ghiaccio in nubi super raffreddate con ioduro d’argento, ogni metodo ha un approccio unico. Altre sostanze chimiche utilizzate sono ioduro di potassio (KI), anidride solforosa, anidride carbonica congelata, in forma di ghiaccio secco, e altri. Su tutti, lo ioduro d’argento è il materiale più comunemente usato, grazie alle sue proprietà.

Le particelle cristalline di ioduro d’argento hanno una struttura simile al ghiaccio e all’interno di una nuvola le goccioline d’acqua iniziano a raggrupparsi attorno alle particelle, congelando il solido mentre si riuniscono. Questi “grappoli congelati” alla fine diventano troppo pesanti per rimanere in aria. Cadono dalla nuvola e vanno dolcemente alla deriva verso la Terra, producendo acqua o anche neve.

Una tecnica nata per contrastare la siccità e non solo
La tecnica del cloud seeding ha ottant’anni di storia. Fu il chimico, ricercatore e meteorologo americano Vincent Joseph Schaefer nel 1946 a effettuare la prima serie sistematica di esperimenti per indagare la fisica delle precipitazioni. Da un aereo sopra il Massachusetts, sperimentò l’inseminazione delle nuvole con ghiaccio secco, riuscendo a produrre neve, dando così inizio alla sperimentazione scientifica del controllo meterologico.

Nel tempo si sono affinate tecniche differenti e le finalità applicative si sono ampliate. Ma la prima funzione è quella di contrastare la siccità, sempre più diffusa nel mondo. Gli indicatori del Sistema informativo globale sulla siccità (GDIS) del National Centers for Environmental Information – NOAA hanno rivelato che le condizioni di siccità sono continuate a marzo 2024 (ultimo mese rilevato) in gran parte dell’Africa, dell’America meridionale e centrale e del Messico. “Precipitazioni benefiche si sono verificate in alcune parti del Nord America, Europa, Asia e Australia, ma per le aree colpite dalla siccità non sono state sufficienti a compensare mesi, persino anni, di precipitazioni scarse”, si legge nel comunicato.

Ci sono Paesi che hanno cominciato ad adottare il cloud seeding anche per contrastare l’inquinamento atmosferico. Il Pakistan, per esempio, ha utilizzato per la prima volta la pioggia artificiale con questa finalità, nel 2023. L’inseminazione delle nuvole è stata utilizzata per contrastare lo smog nella megalopoli di Lahore, una delle città più inquinate del mondo, ha fatto sapere Al Jazeera.

Costi e benefici del cloud seeding
Sui costi e i benefici generati dal cloud seeding ci sono teorie contrastanti, anche se il suo impiego è diffuso in molti Paesi nel mondo, come illustreremo in seguito. Un contributo utile sull’argomento lo porta uno studio della Nord Dakota State University che descrive i significativi vantaggi economici che il cloud seeding offre alla produzione agricola in alcune contee del Nord Dakota occidentale, negli Stati Uniti. In esso si riporta che i benefici annuali medi per le nove colture incluse nello studio vanno da 12,20 a 21,16 dollari per acro piantato per gli anni 2008-2017. Considerando che le operazioni di semina delle nuvole costano circa 0,40 dollari per acro piantato, i benefici superano di gran lunga i costi.

Gli effetti di miglioramento delle precipitazioni sono stati valutati al 5 e al 10%, che rappresentano i limiti inferiore e superiore dei risultati tipici, mentre la soppressione della grandine è stata valutata con una riduzione del 45% della perdita di raccolto. Gli impatti sono stati calcolati per le otto colture più comunemente piantate nel Nord Dakota più erba medica, che copre in media il 96,5% della superficie raccolta in tutto lo stato per il periodo di studio.

Nel caso della produzione di neve, c’è uno studio condotto da un team della Università del Colorado Boulder che ha quantificato scientificamente le precipitazioni con strumentazione specifica: secondo i calcoli del team, mediante l’impiego di particelle di ioduro d’argento, la neve è caduta dalle nuvole per circa 67 minuti, spolverando circa 900 miglia quadrate di terreno con circa un decimo di millimetro di neve. L’efficacia dell’esperimento l’ha sottolineata la coordinatrice dello studio, la scienziata atmosferica Katja Friedrich: «Se non avessimo seminato queste nuvole, non avrebbero prodotto alcuna precipitazione».

Il cloud seeding è ampiamente utilizzato in Cina. Come rileva l’Organisation for Research on China and Asia (ORCA) ogni città ha un piano locale per l’inseminazione delle nuvole, che utilizza ioduro d’argento e droni per indurre piogge durante i periodi di siccità. Solo nel 2022, gli sforzi di inseminazione delle nuvole che hanno coinvolto aeroplani e razzi hanno generato l’impressionante cifra di 8,56 miliardi di tonnellate di precipitazioni aggiuntive nel bacino del fiume Yangtze.

In Francia, il cloud seeding viene effettuato in circa 20 dipartimenti dall’Association Nationale d’Etude et de Lutte contre les Fléaux Atmosphériques (l’Associazione nazionale per lo studio e la lotta contro i disastri atmosferici) e dalla società Selerys. L’obiettivo è prevenire i potenziali danni causati dalla grandine che cade sui campi agricoli in primavera ed estate.

La tecnica viene impiegata negli ultimi anni anche dagli Emirati Arabi Uniti, che l’hanno utilizzata per contribuire ad affrontare la carenza d’acqua. Le ipotesi che il cloud seeding abbia contribuito alle inondazioni che hanno flagellato il Paese ad aprile 2024 non hanno trovato fondamento, lo sottolinea la BBC.

A proposito dell’impiego della tecnica per ridurre gli effetti dell’inquinamento, si è detto che è stata applicata in Pakistan. Anche in India si è pensato di impiegarla per innescare la pioggia in alcune zone di Nuova Delhi, sperando che ciò sia sufficiente per affrontare lo smog che attanaglia la capitale più inquinata del mondo. A lavorare sul progetto è Manindra Agrawal, uno scienziato dell’Indian Institute of Technology.

Negli Stati Uniti è una pratica comunemente adottata. Ad aprile 2024, nel Wyoming, i legislatori hanno stanziato 2 milioni di dollari al Wyoming Water Development Office per finanziare il suo programma di cloud seeding, sperando che possa contribuire a mitigare gli impatti della siccità in corso negli Stati Uniti occidentali.

C’è chi, dopo averlo adottato per decenni, ha interrotto l’impiego: Israele, dopo aver impiegato l’inseminazione delle nuvole già dal 1976, ha interrotto l’impiego dopo che un recente esperimento di semina delle nuvole nel nord del Paese non ha mostrato un aumento significativo delle precipitazioni, riporta uno studio di un’équipe della Tel Aviv University.

L’adozione del cloud Seeding in Italia ha avuto una storia breve. Dopo che, negli anni Novanta del XX secolo, furono condotte applicazioni nel Sud Italia, come riporta un resoconto stenografico al Senato, poi non se ne è più fatto riferimento. L’argomento è tornato in auge recentemente: Giuseppe Catania, deputato all’Assemblea Regionale Siciliana, e vicepresidente della Commissione Attività Produttive, ha fatto richiesta al governo regionale, in una mozione, di far uso della tecnica. «Tra le misure previste per contrastare la siccità in Sicilia sia utilizzata anche la stimolazione artificiale delle piogge”, tramite la tecnica del “cloud seeding”», avrebbe affermato, come riporta La Sicilia.

Andrea Ballocchi

fonte wisesociety.it

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