Fra scienza e paranormaleLa trance aiuta a guarire? L’ipnosi regressiva e i suoi misteri

9 Novembre 2024 Blog

Le esperienze dello statunitense Brian Weiss hanno aperto nuovi orizzonti che però non trovano d’accordo le società ufficiali di psichiatria e psicoterapia

L’ipnosi è quel particolare stato sperimentato da un soggetto che entra in trance. È una procedura ampiamente riconosciuta e applicata nella pratica medica. Lo stesso non succede per l’ipnosi definita «regressiva», dove il soggetto guidato dall’ipnotista oltrepassa la soglia della sua infanzia per andare oltre… Sì, ma dove?

Per rintracciare l’origine di questa particolare applicazione dell’ipnosi dobbiamo ritornare nel secolo appena trascorso, precisamente al 1980, in Florida. Al giovane psichiatra Brian Weiss, nato a Miami nel 1944, si sta prospettando una brillante carriera. Dirige il Dipartimento di psichiatria del Mount Sinai Medical Center di Miami, si occupa di psicofarmacologia e di pubblicazioni scientifiche, la sua mente logica-analitica rifiuta ogni tesi non verificabile.
Un giorno un collega gli invia una paziente trentenne: Catherine, bionda, bella e con un ottimo lavoro. Catherine soffre però di gravi incubi e angosce, di fobie e depressioni che le precludono un’esistenza normale. Dopo un anno di cure inutili e senza alcun cambiamento, Weiss decide di utilizzare con lei il metodo ipnotico: la farà regredire all’infanzia per scoprire se là si nasconde la causa dei suoi problemi, ma ciò che accade sconvolgerà per sempre i suoi piani e il prosieguo della sua vita professionale.

Brian Weiss avrebbe condotto i pazienti a «ricordare» episodi vissuti in vite precedenti
Il racconto di Catherine
Durante il racconto della sua infanzia Catherine, in trance, sembra essere a conoscenza di particolari intimi e dolorosi della vita privata di Brian Weiss che non potrebbe assolutamente sapere, per poi passare improvvisamente a rivivere episodi drammatici di un’esistenza che avrebbe condotto migliaia di anni prima in Medio Oriente: prova l’angoscia di annegare, ricorda di essere stata salvata in extremis. In sedute successive descrive luoghi e scenari estranei alla sua vita, a volte la sua voce inizia a trasmettere messaggi spirituali di profonda saggezza. Dopo queste sedute i suoi sintomi incurabili gradatamente scompaiono e guarisce.
 

Lo psichiatra inizia allora a praticare l’ipnosi regressiva con altri suoi pazienti, chiede loro di regredire portandoli a oltrepassare l’infanzia e si accorge di miglioramenti sorprendenti e progressive scomparse di molti disturbi. Brian Weiss sa benissimo di mettere a repentaglio la sua carriera professionale, ma sente che deve rendere pubblico quanto ha scoperto: «Molte vite, molti maestri», tradotto in tutto il mondo, è il primo dei suoi numerosi libri, uscito in Italia nel 1997. Avvincente e coinvolgente più di un romanzo, diventa presto un bestseller mondiale. Racchiude le sedute di ipnosi dove Catherine, in trance, dialoga con lui, rivivendo emotivamente e drammaticamente vicende di epoche diverse che l’avrebbero vista protagonista. Riferisce precise e dettagliate descrizioni di ambienti e oggetti del passato. Il libro, assolutamente autobiografico, raccoglie anche le riflessioni, i dubbi e gli interrogativi di un medico che è confrontato per la prima volta con questi fenomeni.
Negli anni la fama di Brian Weiss cresce e oggi dirige uno studio privato per la terapia regressiva e la psicoterapia spirituale, tiene corsi e seminari, invitato in tutto il mondo. Non è il solo a coltivare queste ricerche: in quegli stessi anni nasce in America una discreta letteratura ad opera di rari medici e psichiatri che danno un contributo anche alle ricerche sul cosiddetto «paranormale», estendendo l’orizzonte dei loro studi dall’ipnosi alla sopravvivenza dell’anima.

Le sue ricerche hanno contribuito allo studio delle esperienze paranormali
Gli epigoni di Brian Weiss
Brian Weiss nel suo campo ha quindi trovato degli epigoni. Fra questi troviamo ad esempio Raymond Moody – medico e psicologo statunitense noto per i suoi libri sulle esperienze di premorte – che dopo aver interrogato migliaia di persone afferma di avere la certezza dell’esistenza di una vita dopo la morte. Oppure Jan Stevenson, ricercatore e psichiatra, medico e parapsicologo che nel libro «Reincarnazione , 20 casi a sostegno» sostiene che episodi di vite precedenti raccolti in regressione ipnotica abbiano potuto trovare precisi e documentati riscontri storici. Citiamo anche lo psicoterapeuta e scrittore tedesco Thorwald Dethlefsen che pubblica «Guarire attraverso la reincarnazione» o ancora Michael Newton, psicologo e ipnoterapeuta californiano che ha fondato la «Society for Spiritual Regression» e si spinge nel mistero che riguarda la sorte dell’anima dopo la dipartita terrena, ipotizzandone i passaggi.
 

Altri punti di vista
Il medico italiano, psichiatra e psicoterapeuta Angelo Bona, presidente della AMIRe (Associazione Medica Ipnosi e Ricerca Evocativa ) e ricercatore universitario della Fondazione Don Carlo Gnocchi, con sperimentazioni sull’ipnosi clinica avanzata, preferisce definire la terapia che pratica con il nome di ipnosi medica «evocativa» e non regressiva, così da salvaguardare la sua professionalità dagli abusi che facilmente potrebbero verificarsi in questo campo. «Nessuno pretende che la scienza avalli l’esistenza della reincarnazione», afferma il dottor Bona, che prosegue: «Per la fisica quantistica e per la più antica scuola spirituale indiana di Patanjali, maestro del Raja Yoga, il tempo non esiste e non è lecito parlare di vite precedenti, ma di vite sincroniche».

La scienza ufficiale non riconosce questa disciplina ma molti VIP ci credono
Un percorso parallelo a quello di Angelo Bona lo segue Manuela Pompas, italiana pure lei, giornalista scrittrice e ipnologa, appassionata esploratrice dei temi di frontiera della ricerca psichica. Manuela Pompas afferma: «La credenza nella reincarnazione fa parte di molte culture e religioni, dagli esseni agli egiziani ai pellirossa, dall’induismo al buddismo». A questo proposito, quale esempio, citiamo da parte nostra la tradizione dei tulku, i maestri del buddismo tibetano che rinunciano alla liberazione continuando a reincarnarsi sulla terra per aiutare tutti gli esseri senzienti (Piero Verni e Giampietro Mattolin recentemente vi hanno dedicato un libro, intitolato «Tulku – Le reincarnazioni mistiche del Tibet»).
«L’anima non è collegata alla materia e allo spazio-tempo. Ciò che ci accade rientra in un progetto che abbiamo sottoscritto prima di nascere. Queste esperienze di regressione, in cui può succedere che si parlino lingue sconosciute, hanno tolto a molte persone la paura della morte», prosegue Manuela Pompas che concorda con quanto già scrisse Brian Weiss in «Molte vite, un solo amore», uno dei suoi famosi libri. Afferma infatti: «Noi non possiamo perdere mai le persone che abbiamo amato, perché nella continuità delle vite sono e saranno esattamente le stesse che sempre ritroviamo, o ritroveremo, accanto a noi».
 

Tesi suggestive e indimostrabili che però hanno convinto VIP e attori famosi come ad esempio Richard Gere, e Catherine Spaak . E non è così difficile incontrare persone che sostengano la stessa cosa, affascinate dal tema. Oppure altre che, al contrario, ne respingano subito le tesi.
«Ma chi può dire che non si creino falsi ricordi?»
Negli Stati Uniti l’ipnosi regressiva è praticata da parecchie centinaia di psichiatri e in Israele anche da rabbini. La comunità scientifica non riconosce però lo statuto di scienza a questa pratica che viene quindi catalogata nell’ambito della parapsicologia.
A Michele Mattia, psichiatra e psicoterapeuta, chiediamo quale sia il punto di vista delle discipline in cui è attivo.
 

«Tutte le società ufficiali di psichiatria e psicoterapia non sostengono l’ipnosi regressiva. Non c’è ancora nessuna evidenza scientifica che possa permetterci di affermare che è una tecnica verificata, riproducibile senza rischi di creare falsi ricordi nella persona. Personalmente ritengo che non sia una metodica da raccomandare. Quando alcune persone mi hanno chiesto di potersi sottoporre a un’ipnosi regressiva, ho sempre consigliato di rivolgersi prima di tutto a uno specialista formato (medico, psichiatra, psicoterapeuta). E poi, se del caso, di registrare su video tutta la seduta svolta con l’ipnotista. La registrazione permette a chi ha richiesto l’ipnosi regressiva di comprendere quale è stata la procedura utilizzata dall’operatore e quali sono state le risposte del paziente. Inoltre, permette di valutare se vi sono informazioni emerse in seguito a forzature o manipolazioni».
 
 

Quindi, non sarebbe da consigliare a tutti…
«Dal mio punto di vista – ma non solo dal mio – non lo è. L’ipnosi regressiva non dovrebbe essere fatta sui bambini e sui pazienti psicotici oppure su soggetti con disturbi cardiovascolari e laddove vi è un’assunzione di psicofarmaci. E neppure andrebbe fatta su persone con tendenze suicidarie e su coloro che sono facilmente suggestionabili».

Le risulta che ci siano psichiatri o psicoterapeuti che la praticano?
 

«Di persona non conosco nessuno che pratichi l’ipnosi regressiva, ma so che qualcuno, fra gli psichiatri e gli psicoterapeuti, si sta interessando a questa tecnica».
Allora, come pazienti, che cosa bisognerebbe fare per non correre rischi?
 
«È fondamentale che chi si occupa di ipnosi regressiva sia un medico, o meglio uno psicoterapeuta. Un ipnotista potrebbe infatti indurre falsi ricordi, manipolare una persona suggestionabile, condizionandone i ricordi effettivi o dando origine alla sindrome della falsa memoria. Ossia alla creazione di immagini e fatti mai verificatisi nel corso della vita del soggetto sottoposto a ipnosi regressiva. Stiamo parlando di una condizione attraverso la quale l’ipnotista, scandagliando l’inconscio dell’individuo, può stimolare risposte e comportamentali verbali in modo acritico e automatico».
Qual è invece il punto di vista di Nicolas Bonvin, psicologo e pure lui psicoterapeuta?
 
«Le nostre capacità immaginative sono straordinarie e risultano aumentate in uno stato di trance ipnotica. Se si chiede a una persona di “recuperare” ricordi in relazione a problemi e situazioni specifici, la mente inconscia, l’immaginazione, va alla loro ricerca e li trova anche. Solo che non è la mente razionale che risponde alle sollecitazioni, bensì è quella inconscia o simbolica. Comunque, lavorare su delle metafore ha in sé un grande valore terapeutico. Possiamo utilizzare queste creazioni della mente del paziente nel corso di un cammino terapeutico. Essendo ricche di cariche emozionali, possono aiutare a rimuovere dei blocchi che condizionano il paziente».
«L’obiettivo è di ritrovare libertà e spensieratezza»
Abbiamo chiesto a Gustav Birth, attivo in Ticino e che da anni lavora con successo come ipnotista, di spiegarci quale è la sua visione di questa pratica.
«Esistono diversi tipi di ipnosi: medica, da spettacolo, psicologica. Io mi occupo di un tipo di ipnosi che definisco spirituale. Si lavora con la nostra parte più profonda, l’anima, al contrario di quanto accade con altri tipi di ipnosi. Tutte le informazioni sono immagazzinate lì e il mio lavoro consiste nell’attivare un meccanismo che provoca autonomamente i cambiamenti desiderati».
 
Per quali motivi le persone si rivolgono a lei? Che cosa desiderano raggiungere?
«Si rivolgono a me per paure di qualsiasi genere, per mancanza di autostima – con tutto ciò che comporta – e per blocchi di altro tipo. L’obiettivo finale è sempre quello di ritrovare libertà, spensieratezza, beatitudine».
 
Per quali tipi di persone non ritiene indicata l’Ipnosi regressiva?
«Sono veramente pochissime le categorie di persone per quali io non ritengo indicato sottoporsi a una pratica come l’ipnosi. Per esempio, non è adatta per coloro i quali hanno patologie mentali come le psicosi».
 
Quale tipo di formazione si segue per diventare ipnotista e operare poi in questa veste?
«Essendoci diversi tipi di ipnosi, ci sono differenti tipologie di formazione. Logicamente, chi intende operare nel campo delle ipnosi mediche e psicologiche deve affrontare formazioni specifiche che sono anche lunghe. Io ho seguito la scuola americana OHTC che è una delle più antiche, iscritta alla ‘‘National Guild of Hypnotists’’. Con il trascorrere del tempo ho poi sviluppato il mio metodo, appunto quello dell’ipnosi spirituale, un metodo che insegno ad altri».
 
Anche lei porta i pazienti a ricordare altre vite come Brian Weiss? Crede in qualcosa di simile a quella viene definita come reincarnazione?
«Brian Weiss è uno dei grandi in questo campo. Io non porto le persone a ricordi di vite precedenti, sono loro stesse ad arrivarci, quando utile e necessario. Provenendo da una famiglia di origine cristiana, non credevo a vite precedenti. È quindi stato il lavoro di ipnotista che mi ha portato a riconsiderare questa possibilità».

fonte cdt.ch

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