“L’istruzione ricevuta dalle donne ha teso soltanto, con la costituzione della società civile, a renderle oggetti insignificanti di desiderio, mere propagatrici di sciocchi”. Ecco a voi Mary Wollstonecraft, ribelle a occhi aperti
di Davide Brullo e Fabrizia Sabbatini
Nel suo libro del 1791 A Vindication of the Rights of Woman Mary Wollstonecraft (1759-97) afferma – opponendosi alla mentalità vittoriana con una serie di principi considerati “scandalosi” – che donne e uomini siano uguali per natura e forza interiore. L’epoca le considera invece “per loro natura” inferiori: l’educazione impartita in casa e il ruolo assegnato loro dalla società le relega all’inferiorità personale e sociale. Per le sue idee MWC è considerata l’antesignana del femminismo e a lei s’ispireranno, con convinzione, le suffragette d’inizio ‘900 che otterranno il voto per tutte le donne nel 1928. Dall’unione con il filosofo William Godwin nasce sua figlia Mary – futura Mary Shelley e autrice di Frankenstein – che avrà dai genitori un’educazione liberale e intellettualmente spregiudicata, basata su lettura amplissime. La vita e l’opera di MWC ispirerà George Eliot e Virginia Woolf, tra molte altre.
Nel mondo anglofono è uscito da poco un libro-cartolina dedicato a questa autrice: Mary, Quite Contrary. Stampa Princeton, l’autrice è Sylvana Tomaselli. Qui trovate la recensione di Judith Hawley per Literary Review. Di seguito un’ampia traduzione.
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Mary Wollstonecraft ha la reputazione d’essere un’immatura che ammazza ogni gioia. Considerava i romanzi come “una covata di stupide uova”. Non abbracciava le donne in segno di fratellanza e invece le censurava per la loro propensione a “disprezzare la libertà per la quale non hanno abbastanza forza per combattere e per ottenerla”. La Wollstonecraft si è rivelata sia un’ispirazione che una sfida per chi è venuto dopo di lei.
La sua vita e le sue opere, come Sylvana Tomaselli dimostra in questo nuovo libro ad ampio raggio, contengono contraddizioni da far spavento. Da un lato illustrava al meglio la capacità delle donne di ragionare in un periodo che le trattava come bambole sentimentali, accessori decorativi per gli uomini. D’altro canto si innamorò appassionatamente di un uomo d’affari americano focoso e senza scrupoli, Gilbert Imlay. Si era fissata così tanto con lui da intraprendere un viaggio pericoloso in Scandinavia per fargli un piacere e tentò due volte il suicidio quando lui la scaricò insieme alla loro figlia illegittima. Altra situazione consimile quando propose un ménage à trois al pittore romantico Henry Fuseli e a sua moglie e più tardi sposò il filosofo radicale William Godwin, benché entrambi fossero contrari al matrimonio.
Il libro della Tomaselli si dispone a trarre un senso dalle apparenti contraddizioni tra la sua vita e la sua filosofia, come pure di quelle interne al suo stesso pensiero. Non si tratta di una biografia: non narra in dettaglio la sua vita straordinaria, dalla nascita nel 1759 alla morte orribile a 38 anni dopo la nascita della figlia Mary. Da storica della filosofia politica, l’autrice isola le relazioni intellettuali importanti e schizza gli ampi percorsi della carriera della Wollstonecraft quale filosofa appassionata.
La Wollstonecraft rivela il legame tra passione e politica nella prefazione al suo romanzo autobiografico incompiuto, Errori di donna. Maria. Sottolinea “la miseria e l’oppressione, tipiche delle donne, che sorgono da leggi parziali, dalle usanze e dalla società”. Qui c’è il legame con la celebre critica delle donne in A Vindication of the Rights of Woman (1792) dove dice che le donne sono deboli, pazze, sensuali e tiranniche e le rimprovera per esser cattive madri ossessionate dalle apparenze. In questa perorazione fa sue le visioni misogine sul genere di Rousseau e di altri commentatori maschili, ma ha un doppio obiettivo: esporre il male inerente all’ideale contemporaneo di femminilità educata e rivelarne l’origine che proviene “dalla condotta attuale dei sessi, dalla soddisfazione prevalente del piacere che occupa il posto dell’ambizione e di altre più nobili passioni che aprono e allargano l’anima”. Di qui “l’istruzione ricevuta dalle donne ha teso soltanto, con la costituzione della società civile, a renderle oggetti insignificanti di desiderio, mere propagatrici di sciocchi”.
“Un’assurda distinzione in ranghi fa della civiltà una maledizione dividendo il mondo tra tiranni voluttuosi e altri, astuti e invidiosi, da loro dipendenti”.
“Le donne sono fatte schiave nella loro persona e devono farsi appetibili sì che gli uomini possano prestare loro la ragione che le guiderà barcollanti sempre in avanti”.
La Wollstonecraft era stata salvata dal diventare una governante – fato comune alle gentildonne in difficoltà – da un editore radicale, Joseph Johnson, che le consentì di praticare un giornalismo letterario fatto di critiche feroci. Comunque sia, questa pratica non le permise di mantenersi coerente. Doveva scrivere a scadenza e rispondere spesso a chi replicava alle sue critiche, adottando come dice la Tomaselli “un tono da avversario che la rese incline a contestare le visioni degli altri piuttosto che ad analizzarle con calma e chiarezza per conto suo”.
Questo nuovo libro è una sintesi ambiziosa e di valore di elementi disparati in una carriera femminile la cui vita e il cui pensiero furono entrambi rivoluzionari. La Tomaselli sostiene che “se la Vindication non riesce a eclissare tutto il resto delle sue opere, non può nemmeno farsi apprezzare senza di queste”. E così ancora una volta incoraggia le lettrici ad abbattere le barriere, proprio come fece la Wollstonecraft.
Judith Hawley
*traduzione Andrea Bianchi