Maria Montessori, una “piccola” straordinaria rivoluzione
di Francesca Boccaletto
Quali parole usare per descriverla? Medico, educatrice, ideatrice del metodo che porta il suo nome, antropologa, attivista per i diritti dell’infanzia – partendo dalle condizioni dei bambini ricoverati negli ospedali psichiatrici – e delle donne, fondatrice della Casa dei bambini. Autrice nel 1909 de Il metodo della pedagogia scientifica, Maria Montessori è stata una figura di straordinaria umanità, sensibile verso le ingiustizie subite dalle classi più povere e disagiate, una scienziata, una femminista, una intellettuale dalla vita pienissima, madre di un pensiero pedagogico senza tempo e di una avventura internazionale diventata eredità per generazioni di insegnanti ed educatori di tutto il mondo.
Nata il 31 agosto 1870 a Chiaravalle (Ancona), nel 2020 la ricordiamo, 150 anni dopo (a ottobre, a Roma, per celebrare l’anniversario, si terrà un congresso internazionale organizzato dall’Opera Nazionale Montessori), cercando di rintracciarne il pensiero e gli insegnamenti che tanto hanno contribuito a trasformare il mondo dell’educazione e della formazione dei più piccoli, partendo dalla volontà di creare una nuova relazione tra bambini e adulti, caratterizzata dall’ascolto e dalla libera espressione della propria ricchezza originaria, senza ricorrere a premi o a punizioni, favorendo la concentrazione e l’auto-disciplina, permettendo l’auto-correzione dell’errore. Una rivoluzione che si realizza a partire dall’ambiente, dallo spazio fisico progettato per accogliere i bambini, che permette di agire in libertà aiutando a sviluppare abilità cognitive, sociali e morali.
In Montessori dalla A alla Z (Erickson), Battista Quinto Borghi propone un dizionario montessoriano spiegando i concetti fondamentali della sua pedagogia e al termine metodo preferisce la parola pedagogia, precisando: “Maria Montessori ha impiegato poco più di due anni per mettere a punto la struttura fondamentale del suo metodo (grosso modo dal 1906 al 1909), ma poi ha continuato a riflettere sull’infanzia per il resto della sua vita, innestando sul suo metodo una pedagogia. La tradizione montessoriana successiva ha preferito concentrarsi sul metodo e ha finito per trascurare, in certa misura, la grande lezione pedagogica”, che Montessori sentiva di dover mettere in relazione con la medicina. “Era il 1898: si era indetto a Torino il primo congresso pedagogico italiano, al quale erano intervenuti circa tremila educatori – scriveva lei stessa – Io, spinta da una passione nuova, come quella che mi faceva intuire la missione e la trasformazione di una eletta classe sociale, avviata verso una redenzione grandiosa: la classe degli educatori, partecipai al congresso. Vi ero allora un’intrusa, perché il felice connubio tra la medicina e la pedagogia rimaneva ancora, nel pensiero dei tempi, insospettato”.
“L’uomo non si sviluppa all’università, ma incomincia il suo sviluppo mentale dalla nascita e lo effettua con la maggiore intensità nei primi tre anni di vita; a questo periodo più che a ogni altro è necessario sia data una vigile cura”Maria Montessori.
Ancora una volta il fumetto ci viene in aiuto, offrendoci ora un’ottima occasione per ripercorrere, attraverso una bella biografia illustrata, le tappe della vita e della ricerca di Montessori. Scrive nell’introduzione Grazia Honegger Fresco, allieva diretta ed erede del pensiero montessoriano: “Maria aveva una formazione scientifica, basata — come era richiesta ai futuri medici del suo tempo — sull’osservazione. Uno strumento semplice, accessibile a chiunque, rispettoso dell’altro (come emerge dai suoi primi scritti): il malato ricoverato a Santa Maria della Pietà, la donna trasandata dei quartieri più miseri della capitale, il bambino lento nel capire e nel fare, chiuso in manicomio con gli adulti. Di lì è partita a studiare la lunga infanzia umana 0-18 anni, scoprendo l’originalità di ogni individuo: la sua integrità, il valore della diversità rispetto ai suoi simili, la capacità di concentrarsi e di auto-correggersi presente nei più piccoli come negli adolescenti. Contro una scuola fatta di alunni passivi come tanti bagagli uguali da aprire a comando, vietando loro movimento, parola e aiuto reciproco, lei sperimentò e poi propose una scuola senza banchi né voti, un ambiente invitante, piacevole come un bel pranzo in piedi offerto alla scelta dei commensali più vari nei gusti e nei costumi. Questa la prima condizione. La seconda — non meno essenziale — è di un educatore calmo, che non giudica, non usa lodi né minacce, non premia né castiga, si fida dei suoi allievi e — nuovo Socrate— li rispetta”.
La scuola si offre come luogo di pace e benessere e, proprio qui, in questo spazio che diviene casa, è possibile rifondare la relazione tra bambini, genitori e insegnanti. Una scuola aperta, senza separazioni e barriere, fisiche o psicologiche, favorisce il movimento, valorizza la libera scelta delle attività da parte dei piccoli, respinge l’idea di competizione e stimolo costante e investe, invece, nell’ascolto, nella promozione dell’aiuto reciproco e delle capacità spontanee di sviluppo dei bambini, nella loro autodeterminazione e nella capacità di osservazione da parte degli adulti: “Se abbiamo preparato maestri osservatori e iniziati all’esperienza conviene che nella scuola essi possano osservare e sperimentare”.
Si chiedono, infine, Surian e Di Masi, “quale tratto accomuna i bambini che frequentano le scuole Montessori? La curiosità. Così Renilde Montessori riassumeva la specificità degli ambienti educativi ispirati al lavoro di Maria Montessori e la curiosità come il dono più grande che un educatore possa fare ai bambini, il sentimento che la vita intera è interessante”.
fonte ilbolive.unipd.it