«Non siamo computer: ce lo fanno credere». Federico Faggin lancia il suo Rinascimento
Piero Erle fonte ilgiornaledivicenza.it
L’inventore del microprocessore: «Sono sicuro, esiste un’unione profonda tra il mondo della fisica e della spiritualità»
Federico Faggin, l’inventore del microprocessore, lancia una nuova scienza: la chiama “Nousym”, è l’unione di fisica e spiritualità
«Temo che il mondo sia sull’orlo della rovina soprattutto a causa del materialismo: ha seminato l’idea che ognuno di noi sia una macchina completamente separata dalle altre, senza libero arbitrio, e che la coscienza sia un epifenomeno del cervello. Questa ideologia ci ha resi deboli e manipolabili». Si sta facendo strada anche a livello internazionale la rivoluzione culturale di Federico Faggin, il fisico e inventore vicentino protagonista da una vita nella Silicon Valley americana. Dopo l’uscita in lingua inglese del suo “Irriducibile” – che già un anno fa aveva fatto rumore in Italia – sta affrontando dialoghi e dibattiti con esperti e con divulgatori per far conoscere la sua straordinaria “teoria del tutto”, nata anche dal lavoro con il noto fisico Giacomo D’Ariano.
Faggin è conosciuto a livello mondiale come inventore del microprocessore: conosce il mondo dei computer fin dalle “fasce”. Ma il suo lavoro di scienziato e pensatore ha vissuto una svolta radicale, nata proprio dal pervicace tentativo di tentare di portare il computer a riprodurre la mente umana. Ha dovuto rovesciare tutto.
E questa estate è tornato nelle librerie con un nuovo libro – “Oltre l’invisibile, dove scienza e spiritualità si uniscono” (Mondadori, 22 euro) – in cui cerca di spiegare al mondo la nuova scienza elaborata dal suo pensiero. L’ha battezzata “Nousym” e nasce appunto dalla rivoluzionaria scoperta che c’è un dirompente punto di incontro tra la fisica e la spiritualità. Il libro è la narrazione di una lunghissima conversazione tra Faggin e sua cognata Viviana Sardei: una raffica di domande che permette allo scienziato di affrontare tutti gli aspetti della nuova teoria. A partire da due postulati.
Coscienza e libero arbitrio
«Ho risposto a migliaia di domande negli ultimi due anni, e sono sicuro: esiste un’unione profonda tra il mondo della fisica e quello della spiritualità» rivela Faggin. Per lui ad avvolgere tutta la realtà che ci costituisce, l’Essere, c’è una realtà precisa: lo chiama “Uno, che è la totalità di ciò che esiste. Ed è dinamico, olistico e vuole conoscere se stesso».
Come fa a saperlo? La prima risposta è che Faggin l’ha vissuto oltre 30 anni fa. Una notte in vacanza sul lago Tahoe sentì «un’energia fortissima emergere dal petto» e la sensazione di essere unito al Tutto ma anche nello stesso tempo di essere proprio lui la sorgente di quella luce che gli ha fatto capire che «io ero contemporaneamente sia l’osservatore del mondo, sia il Mondo».
E così Faggin individua due postulati, cioè due verità che sono evidenti, come tali non devono essere dimostrate e su cui si può fondare una teoria scientifica: la coscienza e il libero arbitrio. «Non c’è nulla di più autoevidente della loro esistenza». Parole astruse? Forse, ma bisogna anche riconoscere che c’è qualcosa in queste parole che parla a tutti. Ognuno di noi infatti sa che cosa vuol dire “sentire se stesso”, essere cosciente, sentire di essere una realtà diversa rispetto al mondo attorno. Non solo: ognuno di noi sa benissimo che alla fine, se vuole, è capace di decidere, di esercitare il suo libero arbitrio al di là di tutti i condizionamenti. E c’è di più: ognuno di noi sa che le emozioni, le sensazioni (dal gusto all’odorato, dallo stupore fino all’amore) – Faggin li definisce “i qualia” – sono sì quanto di più inafferrabile esista nell’esperienza di un essere umano, ma sono anche le cose più vive e importanti di cui nutriamo la nostra vita. «I qualia sono invisibili da fuori e il loro significato è conoscibile solo da chi li prova».
Scontro con la fisica classica
Ma qui scatta lo scontro. Perché per la fisica classica esiste la materia-energia, con le sue leggi, e la coscienza è un fenomeno marginale, un “effetto collaterale”, un epi-fenomeno rispetto alle leggi della natura. Faggin invece rovescia tutto perché, rimarca, «il “più” non può venire dal “meno”». Vale a dire: la coscienza non può nascere come epifenomeno di una storia di ere geologiche di cellule che si sono evolute fino a giungere all’essere umano. E proprio il duro lavoro di Faggin nei decenni gli ha dimostrato che la coscienza non è riducibile a impulsi elettrici e biochimici nel cervello. No: la coscienza viene prima. Prima di tutto, prima di ogni singolo atomo di materia. E il bello è che non è questione di filosofia, ma di scienza. Perché anche se a noi comuni mortali è poco noto, la fisica classica e deterministica – ricorda Faggin – funziona solo con le realtà grandi. Ma se si va a studiare la materia nel piccolo, è già da decenni che la fisica quantistica ha scoperto che le particelle elementari (elettroni, ecc. ) non sono “piccole cose” ma sono degli “stati eccitati del campo quantistico in cui sono inserite”.
La realtà vera sono appunto i campi da cui vengono le particelle, un po’ come l’onda è uno “stato” del mare. E in questo caso è un mare cosciente e c’è una decisione che unisce l’osservatore (lo scienziato) e l’osservato (il mare) che sono in realtà due co-creatori di quel momento in cui la particella si palesa, viene vista. È il “collasso d’onda” fisico. Questa immagine del mare spiega un po’ anche il famoso “entanglement”, cioè quel fenomeno osservato dai fisici per cui se accade qualcosa a una particella, «ne influenza istantaneamente un’altra pur a distanze siderali. E attenzione: se tutto dipende dal libero arbitrio «significa che non esiste alcun algoritmo interno al sistema che decida quale azione compiere»: ecco perché rimane sempre una distanza incolmabile con i computer.
Per Faggin quindi è il momento della scienza Nousym, basata sul postulato che la coscienza viene prima ed è dotata di libero arbitrio. E la conoscenza vera è quella interiore, che non può essere rivelata all’esterno: la stessa fisica quantistica afferma che uno stato quantistico (cioè quello del campo) non è riproducibile. E allora perché esiste la materia? Perché come noi usiamo la scrittura per “mettere giù i nostri pensieri e capirli meglio” – spiega Faggin – anche Uno e le diverse “Unità di coscienza” a lui collegate usano la materia come la “scrittura” con cui si conoscono meglio e evolvono. Questo significa anche che la morte ha un altro significato: la “unità di coscienza” che siamo noi perde solo il suo “avatar” nel mondo fisico e «si ricongiunge a una conoscenza più vasta». È un universo affascinante: «Secondo me – conclude Faggin – ci sono tutte le premesse per un nuovo Rinascimento, capace di riaccendere la consapevolezza più profonda della nostra stessa natura».