Castel Sant’Angelo , Roma

7 Marzo 2017 ArtinMUSE, Blog

Castel Sant’Angelo (o Mole Adrianorum o Castellum Crescentii nel X-XII sec.), detto anche Mausoleo di Adriano, è un monumento di Roma, situato sulla sponda destra del Tevere di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant’Angelo), a poca distanza dal Vaticano, tra il rione di Borgo e quello di Prati; è collegato allo Stato del Vaticano attraverso il corridoio fortificato del “passetto”. Il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medievale e rinascimentale

Nel 359, l’imperatore Onorio lo include nella cinta muraria di Roma, trasformandolo in una sorta di fortilizio per la difesa della città: data da allora l’appellativo di castellum.

Nel 590 appare anche la denominazione castellum sancti Angeli, in ricordo della visione dell’arcangelo Michele rinfoderante la spada sulla Mole Adriana, avuta da papa Gregorio Magno durante una solenne processione penitenziale per scongiurare la peste che infieriva su Roma, visione interpretata come presagio dell’imminente fine della peste, cosa che puntualmente avvenne.

Nel 974 se ne impadronisce Crescenzio, della famiglia di Alberico, che lo fortifica ulteriormente: perciò viene ribattezzato Castrum Crescentii. Questo nome durerà fino alla seconda metà del XV secolo, cedendo poi definitivamente il passo alla dizione attuale.

Fino all’XI secolo è chiamato Adrianeum e anche templum Adriani e templum et castellum Adriani, come nell’ardo Benedicti, in ricordo della sua origine voluta dall’imperatore Adriano nel 135 perché servisse da tomba imperiale per sé e i successori. Il ricordo di questi appellativi è nella dizione moderna di Mole Adriana.

Dall’XI secolo nelle bolle pontificie si usa la dizione mista Castrum nostrum Crescentii e Castrum Sancti Angeli.

Prima dell’anno Mille i cronisti lo chiamano domus Theodorici e anche carceres Theodorici perché Teodorico, re d’Italia dal 493 al 526, lo adibì a prigione, funzione mantenuta anche sotto i papi e con il governo italiano, fino al 1901.

Gli angeli di Castel Sant’Angelo
 
Per commemorare l’avvenimento che ha dato il nome attuale alla struttura, la statua di un angelo corona l’edificio. In origine si trattava di una statua di legno che finì per consunzione; il secondo angelo, di marmo, fu distrutto nel 1379 in un assedio e sostituito nel 1453 da un angelo di marmo con le ali di bronzo. Questo angelo venne distrutto nel 1497 da un fulmine che fece esplodere una polveriera nel castello e fu sostituito con uno di bronzo dorato che però nel 1527 venne fuso per farne cannoni. Infine fu la volta di una statua in marmo con le ali di bronzo di Raffaello da Montelupo risalente al XVI secolo e attualmente visibile nel Cortile dell’Angelo e poi, nel 1753, arrivò l’attuale angelo in bronzo di Peter Anton von Verschaffelt, sottoposto a restauro tra il 1983 e il 1986.

Origini romane

Tutto ha inizio nel 135 d.C. quando l’imperatore Adriano chiede all’architetto Demetriano di costruire un mausoleo funebre per sé e i suoi familiari, ispirandosi al modello del mausoleo di Augusto, ma con dimensioni gigantesche. I lavori durarono diversi anni e furono ultimati da Antonino Pio nel 139. Venne costruito di fronte al Campo Marzio, al quale fu unito da un ponte appositamente costruito, il Ponte Elio. Il mausoleo era composto da una base cubica, rivestita in marmo lunense, avente un fregio decorativo a teste di buoi (Bucrani) e lesene angolari. Nel fregio prospiciente il fiume si leggevano i nomi degli imperatori sepolti all’interno. Sempre su questo lato si presentava l’arco d’ingresso intitolato ad Adriano; il dromos (passaggio d’accesso) era interamente rivestito di marmo giallo antico.

Al di sopra del cubo di base era posato un tamburo realizzato in peperino e in opera cementizia (opus caementicium) tutto rivestito di travertino e lesene scanalate. Al di sopra di esso sorgeva un tumulo di terra alberato circondato da statue marmoree, che ornavano il perimetro del monumento; di esse si conservano dei frammenti rinvenuti in loco. La statua rinvenuta più integra è il famoso Fauno Barberini. Il tumulo era infine sormontato da una quadriga in bronzo guidata dall’imperatore Adriano, raffigurato come il sole posto su un alto basamento o, secondo altri, su una tholos circolare. Attorno al mausoleo correva un muro di cinta con cancellata in bronzo decorata da pavoni di bronzo dorato, due dei quali sono conservati al Vaticano.

All’interno, pozzi di luce illuminavano la rampa elicoidale in laterizio rivestita in marmo che con una lenta salita collegava l’ingresso o dromos alla cella funeraria, posta al centro del tumulo. Quest’ultima, quadrata e interamente rivestita di marmi policromi, era sormontata da altre due sale, forse anch’esse utilizzate come celle sepolcrali.

Il Mausoleo ospitò i resti dell’imperatore Adriano e di sua moglie Vibia Sabina, dell’imperatore Antonino Pio, di sua moglie Faustina maggiore e di tre dei loro figli, di Lucio Elio Cesare, di Commodo, dell’imperatore Marco Aurelio e di altri tre dei suoi figli, dell’imperatore Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e imperatori Geta e Caracalla.

Il mausoleo perse in parte la sua funzione quando fu collegato alle Mura Aureliane, diventando parte del sistema difensivo cittadino. Il monumento ha preso il suo nome attuale nel 590. In quell’anno Roma era afflitta da una grave pestilenza, per allontanare la quale venne organizzata una solenne processione penitenziale cui partecipò lo stesso papa Gregorio I. Quando la processione giunse in prossimità della Mole Adriana, il papa ebbe la visione dell’arcangelo Michele che rinfoderava la sua spada. La visione venne interpretata come un segno celeste preannunciante l’imminente fine dell’epidemia, cosa che effettivamente avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare Castel S. Angelo la Mole Adriana e, a ricordo del prodigio, nel XIII secolo posero sullo spalto più alto del Castello un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi che secondo la tradizione sarebbero quelle lasciate dall’Arcangelo quando si fermò per annunciare la fine della peste.

 

Dal Medioevo all’Ottocento
 
Il Castello e il ponte Vittorio Emanuele II.
Nel 403 l’imperatore d’Occidente Onorio incluse l’edificio nelle Mura aureliane: da quel momento l’edificio perse la sua funzione originaria di sepolcro, diventando un fortilizio, baluardo avanzato oltre il Tevere a difesa di Roma. Fu allora che il mausoleo venne indicato per la prima volta con l’appellativo di castellum. Salvò la zona del Vaticano dal sacco dei Visigoti di Alarico del 410 e dei Vandali di Genserico del 455. Allora, per difendersi, i romani scagliarono sugli assalitori tutto ciò che avevano a portata di mano, persino le statue: una di queste, il cosiddetto Fauno Barberini, venne ritrovata più tardi nei fossati del fortilizio.

Agli inizi del VI secolo venne adibito a prigione di Stato da parte di Teodorico.Il suo possesso fu oggetto di contesa di numerose famiglie nobili romane: nella prima metà del X secolo la mole diventò la roccaforte del senatore Teofilatto e della sua famiglia, la figlia Marozia e il nipote Alberico, che la utilizzarono anche come prigione, uso che il castello conserverà fino al 1901.

Nel 932 Marozia, già amante di papa Sergio III e moglie di Alberico I marchese di Spoleto e poi di Guido di Toscana, forse per fare la “spiritosa” volle celebrare il suo terzo matrimonio con Ugo di Provenza nella camera sepolcrale degli imperatori in Castel Sant’Angelo. Ma il gesto non le portò fortuna perché, durante il pranzo nuziale, Alberico II, il figlio di primo letto, apparve improvvisamente in Castel Sant’Angelo, costringendo Ugo alla fuga e impadronendosi del potere. Marozia finì oscuramente i suoi giorni in una cella di Castel Sant’Angelo.

Nella seconda metà del X secolo il castello passò in mano ai Crescenzi e vi rimase per un secolo, durante il quale i Crescenzi lo rafforzarono al punto da imporre alla costruzione il loro nome: Castrum Crescentii. Con questo nome Castel Sant’Angelo venne identificato a lungo, anche dopo il passaggio di proprietà ai Pierleoni e successivamente agli Orsini, ai quali fu ceduto probabilmente da papa Niccolò III di questa famiglia, che lo tennero fino al 1365 circa quando lo cedettero alla Chiesa.

Niccolò III considerata la fama di imprendibilità del castello e la sua vicinanza con la Basilica di San Pietro e il Palazzo Vaticano, decise di trasferirvi parzialmente la sede apostolica, allora nel Palazzo Lateranense, da lui giudicato poco sicuro. Per garantire una maggiore sicurezza al Palazzo Vaticano, realizzò il celebre passetto, che costituiva il passaggio protetto per il pontefice dalla basilica di San Pietro alla fortezza.

Nel 1367 le chiavi dell’edificio vennero consegnate a papa Urbano V, per sollecitarne il rientro a Roma dall’esilio avignonese. Da questo momento Castel Sant’Angelo lega inscindibilmente le sue sorti a quelle dei pontefici: per la sua struttura solida e fortificata i papi lo utilizzeranno come rifugio nei momenti di pericolo, per ospitare l’Archivio e il Tesoro Vaticani, come tribunale e prigione.

 

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