Lo scrittore invisibile a cui il suicidio ha dato colore (e vita)
di Giuseppe Rizzi
15/08/2015FILED UNDER:APPROFONDIMENTI
L’ombra di Guido Morselli
Se ho aperto un blog, è stato anche per poter parlare di Guido Morselli.
A parte gli scherzi, davvero aspettavo con ansia l’ occasione di poter parlare di questo “oscuro” scrittore, le cui vicende artistiche e personali lo rendono una delle figure più insolite ed enigmatiche del panorama letterario italiano. E allora, quale migliore occasione del giorno della sua nascita?
Il giorno di ferragosto del 1912, a Bologna,
Guido Morselli nasceva. Eppure non si può dire che la sua vita sia stata lieta e felice. Dolori, incomprensioni, solitudine e soprattutto il rifiuto perpetuo e instancabile alle sue opere da parte degli editori, tutte tappe che il 31 luglio del 1973 lo avrebbero portato al suicidio: un colpo di pistola dopo essersi seduto in giardino. Il rifiuto delle sue creazioni diventa un rifiuto dell’esistenza del loro creatore.
Ecco, è qui il paradosso: con il suicidio, Morselli incomincia a vivere – finalmente -, autentificando una frase di Malraux, che ne La voie royale scrive che “ci si uccide soltanto per esistere”.
Ma facciamo un passo indietro.
La casa in cui Morselli viveva solo, sul poggio di Santa Trinità al Sasso, a Gavirate, costruita dal padre secondo un suo progetto. Morselli si occupava dell’ampio giardino e produceva persino un vino, etichettato come “Santa Trinità”.
È la metà degli anni ’30 quando, quasi per fare un favore alla famiglia – alta borghesia-, Morselli si laurea in giurisprudenza, a Milano. Presta servizio militare, viaggia molto e scrive reportage, brevi saggi e articoli, tutti tenuti fedelmente chiusi e inaccessibili. Nel 1938 muore prematuramente la sorella Luisa (nel 1922 era già morta sua madre, Olga Vincenzi).
Lavora ma non troppo: una rendita da parte del padre gli permette di dedicarsi attivamente alle velleità artistiche. In questi anni compare il saggio Proust o del sentimento, pubblicato da Garzanti a spese del padre e con pochissime copie vendute. Il tutto avveniva mentre Morselli era impegnato nella seconda guerra mondiale.
Torna dal fronte nel ’45 e da qui in avanti si dedica attivamente alla scrittura.
I suoi romanzi sono incredibili, insoliti, unici nel loro genere, nella loro voce. Alcuni:
– Roma senza Papa è un’ucronia satirica e fantapolitica, in cui s’immagina un papa fortemente innovatore, Giovanni XXIV, il papa del trasloco, che trasferisce la sede apostolica a Zagarolo. Il celibato ecclesiastico è stato abolito, la Chiesa si è aperta e tutte le altre confessioni – islam, buddismo, e chi più ne ha più ne metta -, i sacerdoti parlano una lingua a metà tra lo slang americano e il romanesco, la Chiesa è governata collegialmente e democraticamente con la proposta di un papato a tempo (15 anni), mentre gli Usa sono sotto la presidenza di Jacqueline Kennedy.
– Contro-Passato prossimo è anch’essa un’ucronia: la prima guerra mondiale non è vinta dall’Intesa ma dagli Imperi Centrali e gli austriaci sono riusciti aconquistare l’Italia Settentrionale.
– Un dramma borghese è un romanzo psicologico. Un padre e sua figlia diciottenne si ritrovano dopo tanto tempo insieme (lui era corrispondente in Germania e lei era in collegio): si ritrovano in una camera d’albergo sul lago di Lugano per una convalescenza di lei. Durante questa “reclusione”, tra padre e figlia scoppia un folle amore, un torbido desiderio, una passione assurda e incestuosa: il padre prova attrazione per la figlia e la figlia vorrebbe occupare il posto lasciato da sua madre morta di recente.
– Il comunista fa calare Morselli nella vita interna del P.C.I, al punto da “ricomporre uno strato di realtà, un agglomerato di psicologie, di modi di vita, di affinità e di conflitti all’ombra di via delle Botteghe Oscure.”
– Divertimento 1889 una fuga in incognito di Sua Maestà Umberto I per sfuggire ai doveri di corte e della burocrazia e rifugiarsi in Svizzera. “Umberto I traversa impavidamente il Gottardo, gettandosi in questa avventura finanziaria e galante, che minaccerà poi di travolgerlo in una sequenza di intrighi e incontenibili equivoci, coinvolgendo persone del tutto impreviste, dall’importuno Kaiser tedesco a un altrettanto importuno giornalista italiano che si spaccia per inglese.”
– Dissipatio H.G (dove H.G sta per humani generis) è l’ultimo romanzo di Morselli, il più autentico, perché narra di un uomo che decide di suicidarsi e si rifugia in un antro, di notte, per mettere in atto il suo piano, ma non ci riesce e quando torna all’aperto scopre che ogni essere umano è scomparso, che l’intero genere umano s’è dissolto, dissipato, e il protagonista, che voleva darsi la morte, si scopre l’unico umano in vita.
Ecco, questi romanzi, che personalmente trovo infinitamente intriganti, sono state la causa della dissoluzione di Morselli (ma a onor del vero bisogna dire che probabilmente c’era anche dell’altro, ad averlo condotto al suicidio). Impregnati da uno stile forbito, elegante, senza paura d’ostentare una sconfinata cultura, un’inestimabile conoscenza, sono stati i protagonisti di una delle vicende editoriali più incredibili della cultura italiana: ogni editore a cui Morselli presentava i suoi lavori, declinava l’offerta, quasi per una maledizione o una congiura.
Lo scrittoio di Morselli nella casa di Gavirate
A metà degli anni ’60, Calvino per l’Einaudi rifiuta la pubblicazione de “Il Comunista” con una lettera del 5 ottobre 1965: “Caro Morselli, finalmente ho letto il suo romanzo (…). La politica continua a interessarmi e anche la letteratura, ma dal romanzo politico non mi aspetto nulla (…). Cominciando a leggerla ho pero’ provato interesse (…). Dove ogni accento di verita’ si perde e’ quando ci si trova all’interno del partito comunista: lo lasci dire a me che quel mondo lo conosco, credo proprio di poter dire, a tutti i livelli”.
Un anno dopo, Rizzoli decide finalmente di pubblicare Il comunista. Ma quando tutto era già pronto, bozze comprese, Rizzoli cambiò direttore editoriale e il progetto fu annullato.
Il 16 aprile 1971 gli scrive Vittorio Sereni per Mondadori. Ecco la lunga perifrasi con cui esprime il suo diniego
“…- abbiamo un foltissimo catalogo di autori italiani e stranieri, tuttora in attività;
– disponiamo oggi di un’unica collezione di narrativa;
– nel caso di autori noti e largamente diffusi, oltre che tradizionalmente acquisiti alla casa editrice, contano poco le ragioni di ordine critico e contano molto ragioni di altra natura;
– essendo lo spazio disponibile già in partenza ridotto per effetto della situazione di cui sopra e dovendosi dunque operare una selezione entro termini di ordine quantitativo, è evidente che nel caso di autori da acquisire si esercitano le facoltà critiche (modeste, modeste) che non si applicano nei casi di cui sopra;
… A parte ciò, non posso che apprezzare molto sinceramente la difesa che lei fa del proprio lavoro e la sua decisa avversione a trasformarlo in qualcosa che non era nei suoi intenti…”
Fu anche il turno di altri romanzi: Contro-passato prossimo fu rifutato da Carlo Fruttero, Spadolini rigetta ogni offerta di collaborazione, qualcuno perse persino i manoscritti inviati e nel dicembre del 1973, Enrico Filippini, per Bompiani, scrive una lettera laconica: “ Abbiamo letto Dissipatio H.G. In breve: interessante ma troppo ambizioso. Peccato. Cordiali saluti.” Ma Morselli era già morto.
Dal 1974 scoppia il caso Morselli. Adelphi pubblica Roma senza Papa, dopodiché tutte le sue altre opere. I critici scoprono questo anonimo scrittore, lo accolgono con favore e rimproverano gli editori. Sul Corriere della Sera si scrisse:
« La prima tentazione è di dire che c’è stato anche un Gattopardo del Nord. Viveva in luoghi profondamente lombardi, tra Gavirate e Varese. Scrisse migliaia di pagine. Sperò a lungo che gli editori si accorgessero di lui. È morto il 31 luglio dell’anno scorso. Adesso esce un suo romanzo, Roma senza papa, pubblicato dalla Adelphi, e se ne resta attoniti, come davanti a un frutto raro e inimmaginabile. »
Sulla carta d’identità, alla voce ‘professione’, di Morselli era scritto: agricoltore.